#biografia, #musica, Rock

Buscemi Dischi, ultimo atto

Chiude l’ultimo storico negozio di musica a Milano: tramonta un’era

Mario Buscemi nell’ultima sede del suo omonimo negozio di dischi ©Rita Cigolini 2023

Anche Buscemi Dischi viene fagocitato dalle nuove dinamiche dell’era liquida: così sabato 18 marzo sarà l’ultimo giorno per il celebre negozio di dischi. Per salutarlo, previsti un aperitivo e musica dal vivo. Mentre al suo posto si è già insediata da qualche tempo una nota catena di panini, siamo stati nell’ultima sede sotterranea per stilare un bilancio col proprietario, Mario Buscemi.

Partiamo proprio dalla fine: perché questa irrevocabile scelta di chiudere?

«Un insieme di fattori. Intanto l’innegabile calo del mercato discografico. Un calo almeno dell’85% della vendita su supporto CD e vinile. A questo si aggiungano i miei 50 anni di attività e i miei anni di vita. Anche se dispiace a molti, me compreso, sentivo fosse arrivato questo momento».

Di fatto siete l’ultimo storico negozio di dischi che chiude su Milano, giusto?

«Sicuramente l’ultimo negozio indipendente che vende dischi di ultima release. Lo specifico perché esistono ancora negozi che vendono dischi usati, anche all’estero. Probabilmente gli unici che si possono ancora vendere in questo momento storico. Un tipo di mercato che anche noi, da qualche anno, abbiamo preso in considerazione». 

E perché non continuare con quel mercato?

«Perché a mio avviso non è un “mercato vero”, nel senso che si parla di nicchia, di percentuali relative».

Mario Buscemi all’entrata dell’ultima sede del suo omonimo negozio di dischi ©Rita Cigolini 2023

E il ritorno del vinile?

«Vero che si è riaffacciato anche quel mercato con nuove ripubblicazioni, ma comunque non è paragonabile a quello originario dei vinili. Sono edizioni in qualche modo, sì, più curate rispetto alle precedenti, ma se ne vendono di meno. Alcuni – soprattutto quella che era la nostra clientela più agée, tra i 50 e 60 anni – le snobbano perché preferiscono le versioni originali. E poi sono piuttosto cari: oggi un vinile costa in media 30 euro, prezzo inavvicinabile per una clientela di giovani.

Senza contare che nel catalogo dei vinili si trovano solo alcune ristampe e nemmeno tutte le nuove uscite. Probabilmente per i costi, dato che le fabbriche di vinili sono poche. Di conseguenza, terminate le tirature, c’è da aspettare parecchio tempo per altre edizioni. Non c’è più una domanda significativa».

“Gli appassionati comprano ancora,
ma si lavora un decimo rispetto a prima”

Quando avete cominciato a sentire il primo calo significativo?

«Intorno agli anni 2000, con l’avvento di Napster. Da allora progressivamente è stato un calo continuo, complici nuovi fenomeni, la crisi e altri fattori. Tanto che dieci anni fa ci siamo trasferiti qui sotto».

Torniamo a momenti più felici: come ricorda l’apertura?

«I miei genitori avevano un negozio di elettrodomestici in Corso Magenta, Arbea. E in quel negozio – ancora qui d’angolo, ma più piccolo dell’originale – tra gli altri articoli, avevamo cominciato a tenere anche qualche 45 giri, già a metà degli anni ’60.

Piano piano ci siamo resi conto che dischi e hi-fi erano i settori che tiravano di più e ci siamo liberati di tutti gli altri articoli. Nel 1967 i miei genitori aprirono un altro negozio che avrebbe dovuto vendere solo elettronica, televisioni e radio. Mio fratello si è specializzato nell’hi-fi e io nei dischi. Poi nel 1977 abbiamo deciso di dividerci settori e spazi: io sono tornato nel negozio di elettrodomestici (la storica sede qui sopra, al n°31) e mio fratello là, dove si trova ancora adesso. Civico 27 Corso Magenta: negozio che rimarrà ancora aperto».

L’ultima sede di Buscemi Dischi ©Rita Cigolini 2023

Perché proprio lei si interessò di dischi?

«Inizialmente il negozio che poi ho preso in gestione io era stato aperto da un mio terzo fratello, il maggiore. Quello che aveva avuto anche l’idea di puntare sull’hi-fi. Era lui quello appassionato di musica leggera. In principio tenevamo solo qualche titolo commerciale, ma nel giro di poco in vetrina si potevano trovare 45 giri più ricercati che non si trovavano facilmente su Milano, da John Mayall a Bob Dylan. Quando mio fratello maggiore mancò io fui costretto a lasciare la scuola per lavorare, altrimenti avremmo dovuto chiudere il negozio. Da allora mi sono fatto una cultura da dietro il bancone».

Testimonianza di vendite di un successo discografico dell’epoca?

«Uno dei primi dischi di cui ricordi una vendita importante fu Led Zeppelin II (1969). Soprattutto perchè si vendevano pochi LP, pertanto ci rendemmo presto conto di quanto fosse una band e un fenomeno in crescita, anche in Italia. Così come poco dopo cominciò a tirare il fenomeno della musica progressive, da Genesis a Van der Graaf Generator e King Crimson. Siamo stati tra i primi a Milano a vendere quei dischi».

La copertina di Led Zeppelin II (1969)

“Tante le rarità d’importazione dall’estero,
soprattutto negli anni ‘70 e ’80.
Chi cercava dischi rock americani e inglesi, praticamente inediti in Italia, poteva venire qui ed era sicuro di trovarli”


A cosa deve il successo di Buscemi, negli anni dell’era pre-internet?
«Il contatto prima di tutto con fornitori che oltre a distribuire i cataloghi ufficiali sapevano proporre articoli d’importazione  dall’America o dall’Inghilterra, dischi introvabili nei circuiti italiani. In particolare ricordo la collaborazione azzeccata con un importatore su Milano, che serviva solo Messaggerie Musicali, seguiva molto anche la musica inglese folk e ci dava buone indicazioni.

E merito anche delle persone che hanno lavorato con noi. All’inizio avevamo un dipendente solo, poi siamo arrivati a otto. Anche grazie a loro abbiamo potuto specializzarci, dal pop-rock ad altri generi come blues, folk e classica, siamo diventati sempre più competitivi. Tanto che negli anni ’90 ci siamo ingranditi, aumentando anche le vetrine e nel 1996 abbiamo spostato il settore classica proprio quaggiù dove ci troviamo ora. Così come per il jazz: siamo diventati un vero riferimento quando a Milano esisteva al massimo un altro negozio qualificato. Fondamentali anche le richieste dei nostri stessi, esigenti, clienti».

Chi sono stati gli ultimi avventori e frequentatori di Buscemi Dischi?

«Prevalentemente la generazione tra i 50 e 60 anni, generalmente collezionisti e appassionati che seguono la musica e si informano tramite riviste specializzate come Buscadero. Gli amanti continuano comunque a comprare, maggiormente CD e generi come jazz o country rock americano. Ma non solo. C’è anche chi compra solo vinili, lo zoccolo duro. Magari musicisti jazz, moltissimi sono passati di qui. E poi quelli che passavano i sabati pomeriggio in negozio nei decenni passati».

Gli ultimi acquisti nella sede di Buscemi Dischi ©Rita Cigolini 2023

Decadi passate: età dell’oro?

«Dalla fine degli anni ’60, l’ondata di grandi vendite in realtà è proseguita ancora per gli anni ‘80 e ‘90. Negli anni ’80 si lavorava bene, il mercato era florido. Quando è arrivato il CD, novità in principio apparentemente “nemica” rispetto al mercato del vinile, c’era chi voleva passare a un formato e chi rimanere a un altro, ma in realtà segnò un aumento del lavoro. Oltre alle nuove generazioni che volevano il CD, c’era anche chi aveva i vinili ma voleva ricomprarsi gli stessi album nel nuovo formato. L’innovazione non si limitava al campo tecnologico ma fu efficace anche economicamente».

Dopo la chiusura fisica di domani non avete pensato a modalità online o altri canali?

«Non torniamo indietro dalla chiusura di domani, anche se molti vorrebbero che ci ripensassimo e i messaggi sui social sono molto calorosi. Per alcuni siamo un pezzo di vita. Per questo comprendo il ruolo che abbiamo ancora per molti collezionisti e clienti. Anche perché ormai su Milano non ci sono più negozi come il nostro o rarissimi. Forse in periferia ma in casi come Feltrinelli non si trovano uscite di settore, dischi recensiti su Buscadero.

“Non andrò in pensione. Far fruttare la mia esperienza per il mercato dell’usato, anche se di nicchia. Magari tramite on line. Dopo una vita tra i dischi voglio restare in contatto con questo mondo”.

La dittatura dell’online ha provocato il fenomeno per cui un negozio di un certo genere non riesce più a sopravvivere. Ci vuole un minimo di vendita. Così bisogna accettare quello che succede.  È un peccato perché sicuramente la musica non si fruisce più come un tempo. E la musica stessa ha assunto un altro valore».

Quale?

«C’era un altro tipo di ascolto, condiviso. Il punto è che oggi uno ascolta soltanto la canzone che può interessargli. Una volta invece, quando si comprava un LP, lo si ascoltava tutto. E riascoltava. Scoprendo tutte le canzoni. E banalmente anche perché lo aveva pagato, si erano messi da parte i soldi. Oggi con la gratuità della musica si dà meno valore e attenzione, in quel mordi e fuggi che consuma tutto in un attimo. Ascoltare la musica senza pagare è una conquista? Sarà, però se ne è perso il valore. Con la conseguenza che i musicisti stessi vivono di concerti rispetto ai pochi centesimi sui diritti. Cambia il mondo. In meglio? Può darsi. Ma inevitabilmente qualcosa si perde».

© Luca Cecchelli

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